SAN PIETRO
MONASTERO DEI MONACI BENEDETTINI DI MODENA

S.BENEDETTO E LA REGOLA
Sul finire del secolo V, un giovane poco più che diciottenne lasciava la sua terra natale, Norcia, e obbediva all’invito paterno di recarsi a Roma per continuare gli studi umanistici. Quel giovane si chiamava Benedetto. Egli proveniva da un ambiente austero e sano e aveva l’anima limpida come il cielo terso della sua terra natale. Fu per questo che egli si aprì generosamente all’invito di Dio che nell’intimo gli ispirava di fuggire dalla capitale e ritirarsi in un luogo deserto per piacere a Lui solo. Dopo un soggiorno nel villaggio di Effide, il giovane ritenne opportuno di stabilirsi in un eremo nei pressi di Subiaco. Il motivo occasionale di questa nuova decisione fu un miracolo che, rivelando la santità di Benedetto, gli aveva attirato una indiscreta popolarità.
A Subiaco il giovane incontrò un monaco, di nome Romano, che lo consacrò a Dio dandogli l’abito monastico e subito si chiuse in una grotta inaccessibile. In essa Benedetto condusse per tre anni vita eremitica, sperimentandone le terribili tentazioni, finché in un giorno di Pasqua un sacerdote venne, per divina ispirazione, a toglierlo dal suo assoluto isolamento.
In seguito, un’esperienza poco felice avuta in qualità di abate di un Monastero della vicina Vicovaro, suggerì a Benedetto di raccogliere i discepoli, che accorrevano a lui in numero sempre crescente, in dodici monasteri. Gli anni del suo governo a Subiaco furono illustrati da molti miracoli che, insieme con le sue preghiere, il suo esempio e la sua parola, contribuirono ad aumentare la sua fama di santità e di maestro incomparabile. Questa fama suscitò la gelosia di un sacerdote, di nome Fiorenzo, che esercitava il suo ministero in una vicina chiesa: questi cercò in tutti i modi di nuocere a Benedetto, giungendo fino ad attentare alla sua vita e alla salute spirituale dei suoi discepoli. Così Benedetto, leggendo nella persecuzione del prete un segno della volontà di Dio che lo chiamava ad una nuova missione, preferì allontanarsi da Subiaco. Scese ad Alatri e prese la via Latina finché, a metà strada tra Roma e Napoli, raggiunse il monte che domina Cassino. Là sulla vetta, su cui sorgeva un tempio ad Apollo, edificò un nuovo Monastero, cittadella del divino servizio. Nella narrazione della vita di Benedetto, fattaci da San Gregorio Magno, episodi quali la risurrezione del piccolo monaco schiacciato dal crollo di un muro, le infrazioni alla Regola scoperte prodigiosamente, la penetrazione dei cuori, le ripetute moltiplicazioni dei mezzi di sussistenza e altri fatti miracolosi confermano i precetti fondamentali della Regola benedettina: l’umiltà, la carità, l’obbedienza, la povertà, la fede nella Provvidenza. La sua fama di santità aumentava sempre di più: da ogni parte accorrevano a lui ed egli accoglieva tutti paternamente. Lo stesso Totila, re dei Goti, cadde ai suoi piedi, riconoscendone la santità e la virtù.
Neppure un anno dopo questo fatto, il 21 marzo del 547, secondo la tradizione, Benedetto chiuse gli occhi nell’oratorio di San Martino, dove si era fatto condurre dai suoi discepoli sentendo approssimarsi la fine. E come aveva predisposto, fu sepolto accanto alla sorella Scolastica, che l’aveva preceduto in cielo poco più di un mese prima. L’opera di Benedetto e, in modo particolare, la sua Regola, norma di vita per tutti i monaci, si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’impero romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente.